L’Ufficio per il Processo: quale impatto sulla cultura della giurisdizione? Intervista di Vito Leccese a Giorgio Costantino

Giorgio Costantino

già Ordinario di Diritto processuale civile, Università di Roma Tre Componente del Gruppo di lavoro istituito presso l’Ufficio legislativo del Ministero della giustizia 

Vito Leccese

Professore ordinario, Università degli Studi di Bari Aldo Moro

20 luglio 2022

Il progetto di Labour Law Community sull’Ufficio del Processo

Intervista di Vito Leccese a Giorgio Costantino, già Ordinario di Diritto processuale civile e Componente del Gruppo di lavoro istituito presso l’Ufficio legislativo del Ministero della giustizia per l’elaborazione degli schemi di decreto legislativo recanti modifiche in materia di principi generali relativi al processo civile, di digitalizzazione del medesimo e di ufficio per il processo.

Quali sono i fattori d’innesco che, storicamente, nel sistema giudiziario italiano hanno dato origine al problema dell’irragionevole durata del processo?

I «fattori di innesco» sono molteplici e sono oggetto, da tempo, di numerosi studi. La bibliografia sul tema riempie ormai intere biblioteche.

Tra le analisi più recenti sul tema, merita di essere ricordato il «Libro bianco per la Giustizia ed il suo futuro Giustizia 2030». Tra quelle più approfondite, che non possono essere dimenticate, il «Programma Strasburgo», elaborato da Mario Barbuto.

Indicazioni significative sono fornite nella Relazione della Commissione «per la Giustizia per il Sud».

In estrema sintesi, i fattori «di innesco» possono essere indicati nella insufficienza delle risorse, nella inadeguatezza della loro allocazione ovvero nella loro incoerente distribuzione, nella inadeguatezza dei progetti organizzativi, nella scarsa qualità della legislazione. Sono anche segnalate l’elevata litigiosità che contraddistingue il nostro Paese e il numero degli avvocati, ma non sembra che questi fattori siano determinanti: l’incremento della domanda di giustizia richiede un corrispondente aumento dell’offerta; il numero degli avvocati iscritti agli albi professionali implica una selezione che non sia affidata soltanto al mercato e non anche la previsione di diverse occasioni di lavoro.

A mero titolo esemplificativo, si può segnalare che le sezioni specializzate in materia di imprese sono state collocate nei tribunali distrettuali, ma la revisione delle circoscrizioni giudiziarie (sulla quale si rinvia a La revisione delle circoscrizioni giudiziarie, in Riv. dir. proc., 2012, 1573) non ha toccato i distretti. In alcune regioni, vi sono più corti di appello, più tribunali distrettuali e più sezioni specializzate; né si è considerata la possibilità dell’accorpamento di quelle collocate in regioni prive di un tessuto economico che ne giustifica l’esistenza.

La corte di appello di Roma è competente per la liquidazione dell’indennità per la irragionevole durata del processo nel distretto di Napoli. Perugia è competente per le controversie relative alla responsabilità civile dei magistrati del distretto di Roma. Il flusso di controversie ingolfa gli uffici.

L’art. 27 del c.c.i., in vigore dal 16 marzo 2019, ha attribuito alla competenza del tribunale sede delle sezioni specializzate «i procedimenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza e le controversie che ne derivano relativi alle imprese in amministrazione straordinaria». La Cassazione, in base alla lettera della disposizione e, in particolare, al riferimento alle «imprese in amministrazione straordinaria» ha stabilito che queste debbono rivolgersi al tribunale circondariale dove hanno la sede e, poi, il procedimento prosegue innanzi al tribunale sede della sezione specializzata (Cass. 9 luglio 2021, n. 19618).

Il Consiglio di Stato, nel parere reso sullo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva insolvency, ha segnalato l’opportunità di una correzione della disposizione. Nello stesso parere, il Consiglio di Stato ha segnalato l’abnormità della previsione per la quale la pronuncia del decreto di fissazione dell’udienza oltre il termine di dieci giorni dal deposito del ricorso con il quale l’imprenditore invoca l’applicazione di «misure protettive» ne determina l’inammissibilità.

La qualità della produzione legislativa determina disorientamenti e contrasti nella giurisprudenza, anche di legittimità. Questi ultimi sono stati, negli ultimi quindici anni, oggetto di Dialogoi, dei quali è traccia nel sito della Corte.

Gli esercizi di tetrapiloctomia imposti dalla frenesia legislativa, tuttavia, impegnano tempo e risorse che potrebbero essere utilizzate contro l’irragionevole durata dei processi.

Che rapporto esiste, se esiste, tra riforma dell’organizzazione giudiziaria e riforma del processo ai fini della costruzione di una strategia organica di riduzione dei tempi processuali?

Se il processo civile funziona in modo accettabile in alcuni luoghi e non in altri, appare ragionevole ritenere che la questione non risieda nella disciplina processuale, che è la medesima, ma nella organizzazione giudiziaria, nella disponibilità e nella allocazione delle risorse.

Che rapporto attualmente esiste tra assetto organizzativo del sistema giudiziario italiano, durata del processo e qualità della risposta giudiziaria?

La Relazione della Commissione «per la Giustizia per il Sud», prima ricordata, ha messo in evidenza il problema del turn over, da tempo segnalato. Esso affligge molti uffici giudiziari, non soltanto meridionali. Chi, magistrato o funzionario di cancelleria, che non intende rimanere nella sede che gli è stata assegnata, non presta alcuna attenzione agli assetti organizzativi.

Qual è l’impatto qualitativo e quantitativo che è ragionevole attendersi dal nuovo Ufficio per il Processo rispetto alla complessiva capacità del Piano Straordinario per la Giustizia e della riforma processuale Cartabia di ridurre i tempi della giustizia e di migliorare la qualità della risposta giudiziaria? 

L’art. 1, comma 18, della legge delega 26 novembre 2021, n. 206, ha dettato i principii ed i criterii direttivi relativi all’ufficio per il processo. Le prospettive aperte al legislatore delegato sono state indicate da Antonella Di Florio, in un capitolo dell’opera dedicata alla riforma e in un saggio appena pubblicato.

Se e in che misura la piena attuazione dell’Ufficio per il Processo modificherà l’identità istituzionale del giudice da puro “professionista della giurisdizione” a manager delle risorse umane affidate all’Ufficio?

All’ufficio per il processo sono assegnati compiti diversi innanzi alla Corte di cassazione, alla Procura Generale di questa e negli uffici di merito. Compiti ancora diversi sono assegnati nel contenzioso familiare e minorile.

La sua attuazione non può ritenersi affidata soltanto alle disposizioni delegate, ma anche e soprattutto alle capacità organizzative di ciascun ufficio giudiziario.La risposta alla domanda richiede, pertanto, una analisi di ogni singolo modello organizzativo, in sede di legittimità e in sede di merito.

Considerata la temporaneità triennale del progetto di intervento finanziario di Next Generation EU, sono realisticamente conseguibili, in un orizzonte temporale così ristretto, gli esigenti obiettivi strategici stabiliti dal Piano Straordinario per la Giustizia (entro il 2026 abbattimento del 90% dell’arretrato civile e del 70% di quello amministrativo, riduzione del 40% della durata dei procedimenti civili e del 25% della durata dei procedimenti penali)?

Si può auspicare che l’ottimismo della volontà prevalga sul pessimismo della ragione.

La piena attuazione dell’Ufficio del Processo moltiplica le risorse di gestione del processo, ma non i giudici incaricati dell’emissione dei provvedimenti definitori del giudizio: ciò pone un possibile problema di “imbuto” decisionale?

Ritorna il problema della prevalenza degli aspetti organizzativi su quelli relativi alla disciplina processuale.

La legge delega ha attribuito al legislatore delegato il compito di sopprimere l’udienza di precisazione delle conclusioni. La conclusione della trattazione della causa dovrebbe essere segnata dall’udienza «di rimessione in decisione».

In questa udienza, la controversia potrebbe essere decisa.

Sennonché, il legislatore delegante ha previsto che, in quella occasione, si apra l’alternativa di definire il processo mediante le «ordinanze anticipatorie» previste dall’art. 1, comma 5, lett. o) e p), ovvero di disporre il passaggio al rito «semplificato» di cui alla lettera n) dello stesso comma 5.

Il rischio consiste nella tentazione di definire comunque i processi pendenti, anche invocando il principio, ancora non espressamente enunciato tra le norme generali, di chiarezza e sinteticità degli atti. Se l’osservanza di questo principio fosse sanzionata con l’inammissibilità della domanda o della impugnazione, si offrirebbe al giudice un pericoloso strumento per liberarsi del fascicolo senza decidere il merito della causa.

Quali misure sono adottate a garanzia della qualità professionale degli 8171 addetti all’Ufficio per il Processo in corso di selezione per mezzo della procedura concorsuale bandita dal Ministero della giustizia l’8 agosto 2021?

Parallelamente alla istituzione dell’ufficio per il processo, è stato elaborato il «Progetto unitario su diffusione dell’Ufficio del Processo e per l’implementazione di modelli operativi innovativi negli Uffici giudiziari per lo smaltimento dell’arretrato», con uno stanziamento di oltre cinquanta milioni di euro.

Diversi progetti sono stati ammessi al finanziamento.

Questi progetti hanno una durata biennale. Il termine coincide, in parte, con quello previsto per lo svolgimento dell’attività degli addetti all’ufficio per il processo, che sono stati assunti prima che i progetti presentati dalle Università fossero approvati e divenissero operativi.

L’esperienza delle sezioni specializzate in materia di protezione internazionale ha mostrato che l’affiancamento ai togati degli specialisti EASO (esperti nell’approfondimento delle condizioni geopolitiche dei Paesi di provenienza dei richiedenti asilo) ha prodotto l’effetto di incrementare significativamente la qualità delle decisioni, piuttosto che quello prefigurato di ridurre i tempi di definizione dei giudizi. È lecito dedurne profili d’analogia rispetto alle prospettive attese dall’attuazione dell’Ufficio per il Processo?

Quale esempio negativo della scarsa attenzione ai profili organizzativi degli uffici giudiziari, si possono ricordare le tabelle di alcune corti di appello. In alcuni distretti, era stata prevista l’attribuzione alla medesima sezione del contenzioso minorile e delle controversie agrarie in base alla considerazione che, nell’una e nell’altra materia, i collegi giudicanti sono composti anche da membri laici. Quando fu fatto notare che il presupposto poteva anche consistere nel ritenere che i bambini nascono sotto i cavoli, le tabelle furono modificate. 

La soppressione dell’appello nelle controversie in materia di protezione internazionale ha ingolfato la Cassazione.

L’accoglimento di una elevata percentuale delle impugnazioni in materia potrebbe suggerire l’apertura di un dialogo o di un confronto tra i magistrati componenti le sezioni specializzate e i componenti la commissione amministrativa. La proposta, formulata nell’ambito della clinica legale della Università Roma Tre, non ha avuto esito.

Esistono dei modelli organizzativi attuati presso giurisdizioni straniere che hanno ispirato la riforma dell’Ufficio per il Processo? Secondo quali criteri tali modelli sono stati adeguati alla realtà della giurisdizione italiana?

Il contesto è profondamente diverso.

Prescinderne nel richiamo a modelli stranieri evoca altre esperienze.

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