Care amiche e cari amici di LLC,
aggiungo ai saluti di Antoine e Jesús anche il mio saluto, con il quale voglio anzitutto esprimere il piacere che provo nel ritrovarmi con voi in questa prima occasione di incontro pubblico.
Nella sua introduzione, Marzia ha ricordato l’origine e spiegato le ragioni della scelta di dare all’associazione quel nome di “Community”, del quale Antoine, nelle belle parole del suo indirizzo di saluto, ha declinato il significato. Sembra anche a me che la scelta del nome sia impegnativa e promettente. Dietro la costituzione di LLC sta l’apprezzabile lavoro svolto da un bel gruppo di giuslavoristi. Ora però mi aspetto di veder crescere una vera comunità, capace di contenere al suo interno una pluralità di voci, talora magari dissonanti, ma anche e soprattutto di trovare le risorse culturali per costruire una coesione basata sulla condivisione di alcuni fondamentali valori: libertà, eguaglianza e solidarietà, in primis.
La Presidente e il Segretario hanno prefigurato nei loro interventi un modo di essere e di agire di LLC che rompe gli schemi organizzativi delle associazioni maggiori che aggregano teorici e pratici del diritto del lavoro. LLC promette un rinnovamento nello stile e nel metodo di cui credo sentano l’esigenza soprattutto i giovani, ma che interessa anche i vecchi come me, stanchi dei rituali che le mutate condizioni di una carriera universitaria che ha perso buona parte del suo appeal rendono poco comprensibili, sgradevoli e talora insensati. LLC promette la creazione di uno spazio aperto, ma ben attrezzato e organizzato; uno spazio di confronto e interazione non delimitato dai confini nazionali e neppure da quelli disciplinari; uno spazio nel quale sia sollecitato lo scambio culturale tra la ricerca e le esperienze che maturano in altri contesti geografici e in altri luoghi del sapere. Le risorse che la tecnologia mette a disposizione consentono di fare oggi, velocemente ed efficacemente, cose impensabili in passato, ed è saggio proporsi di sfruttarle al meglio, pur volendo coltivare con pazienza le virtù dell’elaborazione del pensiero e della sua espressione compiuta.
L’attività “pubblica” di LLC decolla in un periodo molto difficile: una situazione di emergenza sanitaria, con il suo tragico quotidiano di persone morte in solitudine e dei loro cari ai quali è stato negato anche il mesto conforto di un rito funebre. Viviamo tutti una anomala e faticosa condizione di privazione della nostra libertà personale, chiusi in casa senza poter godere del contatto diretto, fisico, con il nostro prossimo. Quello che ci sta di fronte oggi, in piena emergenza sanitaria, e che ci starà di fronte nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, quando – si spera – la situazione sanitaria sarà meno emergenziale, è una catastrofe dell’economia reale, che porta con sé una catastrofe sociale. Il diritto del lavoro è già stato pesantemente coinvolto nelle misure con le quali il Governo sta cercando di fronteggiare la catastrofe. Prescindo qui dall’esprimere giudizi sulla legittimità costituzionale degli strumenti normativi utilizzati (come i d.P.C.M.). Mi pare invece che, nel contesto di un indirizzo di saluto che vuole essere insieme un augurio di buon lavoro, meriti porsi almeno qualche domanda sulla qualità tecnica e sulla valenza politica delle misure già adottate o solo prefigurate che riguardano direttamente il lavoro.
Guardiamolo allora questo diritto del lavoro dell’emergenza Covid-19.
I licenziamenti collettivi e i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo sono bloccati per sessanta giorni.
La CIG (ma sarebbe meglio dire le CIG, ordinaria e in deroga, che restano diverse, con tutto l’appesantimento procedurale che ciò comporta) perde alcuni dei suoi connotati (campi di applicazione, limiti temporali) e accentua la funzione di ammortizzatore sociale, tutelando il reddito dei lavoratori che il lockdown priva della possibilità di lavorare, salvaguardando temporaneamente il loro posto di lavoro.
Le condizionalità del Reddito di cittadinanza si attenuano, mentre a lato si va prefigurando il Reddito di emergenza per fare fronte a povertà vecchie e nuove, svincolato da quel dovere di lavorare che – nella situazione attuale – sarebbe una condizionalità priva di senso. È un’innovazione che se sopravvivesse all’emergenza segnerebbe una svolta anche culturale.
Il lavoro da remoto (nella forma attuale che ha perso alcuni dei connotati – pure controversi – dello smart working regolato dalla legge n. 81/2017) è imposto dal lockdown, ma viene valorizzato come una nuova frontiera del lavoro da salvaguardare anche quando saremo fuori dall’emergenza sanitaria; pensando specialmente alle donne, per le quali tuttavia non sarebbe male ricordare che uscire di casa per lavorare è stato il primo, decisivo passo della loro emancipazione, e non è affatto detto che tornare a casa sia un passo decisivo sulla via della loro liberazione.
Si profila un gigantesco problema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, su cui già si confrontano diverse opinioni sulla portata degli obblighi da porre a carico dei datori di lavoro. E ancora: assume una nuova, drammatica urgenza la protezione dei lavoratori autonomi, delle partite IVA, dei professionisti messi in ginocchio dalla serrata che ha colpito interi settori di attività; assume non minore urgenza la protezione di quella massa di lavoratrici e lavoratori che provvedono alla cura e all’assistenza delle persone: gli anziani, i disabili, i bambini; una massa di lavoratori la metà dei quali “invisibili”, come gli immigrati irregolari senza dei quali la nostra agricoltura non riesce a sopravvivere, per i quali occorre metter mano, velocemente, alla regolarizzazione, rimuovendo le pastoie burocratiche delle vigenti procedure.
Nella drammaticità della situazione che stiamo vivendo, prende corpo un diritto del lavoro emergenziale, che sovverte gli schemi definiti dalla pure caotica e spesso incoerente legislazione dell’ultimo decennio. Ci sarebbe molto da dire sulla qualità delle misure adottate o in cantiere, e infatti già ampiamente se ne sta discutendo, ma non posso dilungarmi. Dico solo che è ben difficile valutare se e quanto di questo diritto del lavoro potrà sopravvivere all’emergenza. Già si pronunciano gli ottimisti (per cui niente sarà come prima) e i pessimisti (per cui tutto tornerà com’era), ma non è questo il terreno su cui vale la pena di confrontarsi. Io credo che una comunità di giuslavoristi, che come quella riunita in LLC si riconosce in alcuni fondamentali valori, debba impegnarsi a dare il proprio contributo di idee, di proposte, di impegno anche pratico perché l’auspicato “ritorno alla normalità” non sia soltanto un ritorno indietro. La centralità del lavoro e la ricerca di un nuovo equilibrio nel bilanciamento con gli interessi delle imprese potrebbero essere le guidelines per trarre da questa tremenda esperienza un utile percorso per giuslavoristi che vivono consapevolmente il loro tempo, ma non dimenticano la Carta (o le Carte) dei valori a cui ancorare il proprio agire.
Bon courage, amici. E per quel poco che posso sono con voi.
Maria Vittoria Ballestrero
Genova, lunedì 20.4.2020